… fra tutte le sfide che fanno parte dell’arte della sopravvivenza, senza dubbio la prima è quella di imparare ad osservare. Imparare ad osservare consente di ricavare informazioni, ma soprattutto sfruttarle. Un uomo che cammina a testa bassa non solo perderà gran parte della bellezza che lo circonda, ma anche la possibilità di trarne vantaggio …
Pussettu, Lagone, Prettu, Stiddu,Venadore e perfino Pischina. In alcuni luoghi, come quelli a substrato carsico (il Supramonte lo è per antonomasia), dare un nome ai punti d’acqua ed al modo in cui essa viene raccolta, è indice della sua preziosità. Così come gli Inuit hanno dato molteplici nomi alla neve, così abbiamo imparato a fare noialtri con l’acqua.
Immaginate dunque una grotta (sa rutta), piuttosto facile da trovare su terreni come questi: non è raro rinvenire al suo interno un orcio di pietra, a volte concrezionato, capace di raccogliere l’acqua di stillicidio, su stiddu. E che dire de su lagone, una sorta di bacino rimediato da affossamenti naturali o con l’ausilio di qualche pietra cementata, in grado di raccogliere l’acqua che percola da un anfratto? O de su venadore, coperto con lastre di pietra o tronchi, capace di raccogliere acqua piovana?
Non è raro poi che l’acqua dia vita a vere e proprie sorgenti, spesso note dall’antichità, indicate sulla cartografia e nei racconti dei pastori come mitza, altre volte funtana. L’acqua, nei casi più fortunati, scorre su rocce granitiche, dando vita a torrenti e talvolta fiumi. Tutto ciò fa parte di ciò che la natura offre con generosità. Sembra dunque che la scelta sia piuttosto ampia. Perché dunque curarsi dell’acqua e di come trovarla? Non la troveremo forse in uno di questi fantastici luoghi?
La risposta, paradossalmente, è NO. Pur avendo a disposizione un GPS, le notizie sull’acqua sono sempre incerte, legate alla stagione, al corretto posizionamento, alla reale vicinanza ad un sentiero o una via praticabile. Ad essere precisi, sono questi luoghi a dover essere individuati, ancor prima dell’acqua. Abbiamo dunque tre fattori da considerare per individuare potenziali punti d’acqua. Quanto segue vale in particolare per l’ambiente mediterraneo. Le considerazioni, tuttavia, valgono in generale:
LA STAGIONE
Sembra banale, ma la stagione influisce notevolmente. Sui substrati granitici o basaltici, dove l’acqua scorre perlopiù in superficie, sarà difficile trovare i torrenti in piena tutto l’anno. Al contrario, nei substrati calcarei, essendo la roccia ricca di cavità e fiumi sotterranei, l’acqua spesso si preserva all’interno, sgorgando dai punti più bassi del complesso roccioso.
LE ROCCE
In generale, dunque, su substrati granitici troveremo acqua abbondante in funzione della stagione, in superficie e facilmente accessibile. Su substrati carsici, l’acqua in superficie sarà rarissima durante tutto l’anno, ma in certi punti (codule profonde, grotte, pendici di falesie) sarà possibile trovare acqua fresca tutto l’anno.
LE PIANTE
Questo è l’aspetto più importante. Le piante consentono di individuare con facilità la presenza di acqua, perfino a grande distanza. Indipendentemente dalla stagione, la presenza di alcune piante quali il Pioppo è indice pressoché certo della presenza d’acqua. Questi alberi si elevano al di sopra del resto della vegetazione, e si distinguono per il colore delle foglie (bianco e lucente d’estate, giallo in autunno). Queste piante tendono a seguire il corso del fiume, o a ricoprire aree umide insieme a piante quali l’Ontano (presente spesso su corsi acqua – rio – e paludi – pauli). Il Pioppo è particolarmente diffuso su tutto il territorio, eccetto che su rocce carsiche. In nostro aiuto, tuttavia, compare il Fico (più spesso Caprifico), che affolla ogni piccola venatura o risorgiva d’acqua. Anche questa pianta si distingue facilmente dalle altre, per via dei lunghi rami grigi e delle larghe foglie palamte, che in autunno diventano gialle.
Un’altra pianta utile per individuare zone d’acqua, per le sue infiorescenze e per l’uso ornamentale, è l’Oleandro. Con il colore rosa intenso dei suoi fiori tapezza letteralmente tutti i corsi d’acqua dove riesce a ricavare uno spazio, indipendentemente dal substrato.
Altre piante ancora sono tipiche delle zone soggette ad allagamenti, o con ricche falde acquifere. Stiamo parlando della Felce aquilina, ma anche del comune Giunco.
A conti fatti, l’osservazione resta il miglior strumento per rimediare ciò che serve. Lo spirito di osservazione consente, attraverso l’esperienza e una formazione tecnica irrinunciabile, di creare il comfort necessario per l’Avventura con la A maiuscola. Trovare una sorgente con l’ausilio di questi mezzi costituisce un prezioso traguardo, fondato sulle nostre capacità di intuito e ragionamento. Sulla base di questo traguardo si fondano le tecniche per la potabilizzazione e la scelta del punto preciso ove approvvigionarsi. E, naturalmente, l’uso anche alimentare di alcune piante (Menta e Crescione, per citarne due). Per quanto GPS e carte siano un valido strumento tecnologico, hanno il difetto di indurre l’utilizzatore inesperto in uno stato di pressoché totale dipendenza. Certo, è improbabile che qualche escursionista arrivi a morire disidratato, oggigiorno, ma ciò avviene perché esiste una macchina dei soccorsi. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro, ma questo bagaglio di conoscenze potrebbe, un giorno, tornarci utile, così come lo è stato per millenni, fin dall’alba dei tempi, quando l’acqua non si comprava in bottiglia al supermercato.